Rupicapra pyrenaica
Tassonomia
Nome scientifico | Rupicapra pyrenaica |
Descrittore | (Bonaparte, 1845) |
Nome comune | Camoscio appenninico |
Informazioni sulla valutazione
Categoria e criteri della Lista Rossa | Vulnerabile (VU) D1+2
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Anno di pubblicazione | 2013
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Autori | Francesco Riga, Stefano Focardi
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Revisori | UZI, Atit
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Compilatori | Carlo Rondinini, Alessia Battistoni, Valentina Peronace, Corrado Teofili
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Razionale | Sebbene il camoscio appenninico sia distribuito su una superficie inferiore ai 1000 km2, suddivisa in tre località e con consistenza numerica della popolazione non superiore a 1500 individui, la popolazione è in leggera espansione grazie ai costanti interventi di conservazione ai quali è soggetta. Senza interventi di conservazione sarebbe probabilmente da classificare In Pericolo (EN B1ab(iii)). Grazie agli interventi di conservazione può essere classificata come Vulnerabile (VU) per la piccola popolazione (certamente meno di 1000 individui maturi) e la presenza di sole tre popolazioni affermate.
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Areale Geografico
Distribuzione | Endemismo italiano. Il camoscio appenninico è presente con quattro popolazioni isolate, all' interno dei Parchi Nazionali d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), del Gran Sasso Monti della Laga, e della Majella (Dupré et al. 2001), e quella recentemente introdotta nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini (2008).
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Popolazione
Popolazione | L'unica popolazione naturale è quella del PNALM, che conta circa 530 individui e risulta stabile negli ultimi 5 anni , mentre quelle del Gran Sasso Monti della Laga, e della Majella sono frutto di interventi di reintroduzione compiuti a partire dal 1991 e sono composte rispettivamente da 460 e 500 individui stimati rispettivamente nelle due aree (ISPRA 2010, Banca Dati degli Ungulati Italiani). Queste due popolazioni contavano nel 2000 circa 60-70 individui (Dupré et al. 2001).
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Tendenza della popolazione | In aumento |
Habitat ed Ecologia
Habitat ed Ecologia | Tipico abitante dell'orizzonte montano, subalpino ed alpino, questo Camoscio frequenta le aree forestali ricche di sottobosco ed intervallate da pareti rocciose e scoscese, radure e canaloni, le praterie, i margini delle pietraie e soprattutto le cenge erbose al di sopra dei limiti della vegetazione arborea. I gruppi di femmine, maschi giovani ed i maschi subadulti frequentano abitualmente le praterie in quota durante la stagione estiva (1200-1700 m s.l.m.). I movimenti altitudinali stagionali sono legati alla disponibilità alimentare; con l' inverno e le prime nevicate, i camosci si ritirano verso le quote più basse (1000-1300 m s.l.m.) situate al di sotto dei limiti del bosco, in zone rocciose con esposizioni prevalentemente meridionali. La dieta delle femmine sembrerebbe essere legata, tra la primavera e l' autunno, alla comunità vegetale del Festuco-Trifolietum thalii, che fornisce un alimento particolarmente ricco di proteine, importante durante la fase di allattamento e svezzamento della prole.I maschi adulti (>3 anni) mostrano tendenze solitarie e sembrano preferire maggiormente le aree boscate e quelle morfologicamente più complesse e rocciose durante tutto l' anno ad eccezione della stagione riproduttiva (S. Lovari & E. Bruno in Boitani et al. 2003).
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Ambiente | Terrestre
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Altitudine (metri sopra il livello del mare) | Max: 1700 m Min: 1000 m
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Minacce
Principali minacce | Il principale fattore limitante lo sviluppo delle popolazioni sembra essere l'interazione sanitaria e la competizione spaziale e trofica con il bestiame domestico ed in particolare con ovini e caprini; possibile anche la competizione con il Cervo, che negli ultimi anni ha mostrato un forte incremento numerico in Abruzzo, anche se non ancora verificato da studi specifici (F. Riga com. pers.). Fattori di minaccia rilevanti sono le dimensioni contenute della popolazione e la ridotta variabilità genetica; altri fattori limitanti dello sviluppo sembrano essere il bracconaggio, il randagismo canino e l'impatto negativo del turismo (Dupré et al. 2001).
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Misure di conservazione
Misure di conservazione | La popolazione è stata oggetto di screening genetico e monitoraggio anche sanitario, e sono stati realizzati interventi di controllo del flusso turistico. Sono state operate con successo reintroduzioni nel Parco della Majella e in quello del Gran Sasso - Monti della Laga. E' stato realizzato un piano d'azione nazionale per la salvaguardia della specie (Dupré et al. 2001). Elencata in appendice II, IV della direttiva Habitat ( 2/43/CEE), in appendice I della CITES e in appendice II della Convenzione di Berna. Non cacciabile secondo la legge italiana 157/92. La sottospecie italiana è considerata in pericolo (EN) dalla Red List 2006 (valutazione del Caprinae Specialist Group, 1996), mentre la specie nel suo complesso è stata valutata Least Concern dallo European Mammal Assessment (IUCN 2008).
Nel 2008 è stata effettuata una reintroduzione nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, e nei prossimi anni nel Parco Regionale del Sirente-Velino. È auspicabile il rafforzamento della prima reintroduzione con ulteriori rilasci e l'immediato completamento della seconda.
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Bibliografia
Boitani, L., Lovari, S. & Vigna Taglianti, A. (2003), Fauna d'Italia, Mammalia III: Carnivora - Artiodactyla Calderini, Bologna
Dupré, E., Monaco A., Pedrotti, L. (2001), Piano d'azione nazionale per il Camoscio appenninico. (Rupicapra pirenaica ornata) Quad. Cons. Natura, 10. Ministero dell'AmbienteIstituto Nazionale per la Fauna Selvativa. pp. 138
ISPRA (2010), Banca Dati degli Ungulati Italiani
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